Storie di malasanità a Benevento, la denuncia di una coppia di genitori
“Papà, queste ferite spariranno?”. Di fronte a una domanda del genere un padre è disarmato il più delle volte. Deve mentire oppure deve fare ragionamenti articolati, nel tentativo di distrarre l’attenzione della bambina pur sapendo che altre ferite, più profonde, non spariranno.
Sono quelle causate dalla paura, da ore interminabili di angoscia. E non solo.
Tutto comincia il 25 gennaio del 2014, quando la piccola (che all’epoca dei fatti aveva 7 anni) viene accompagnata dai genitori al pronto soccorso dell’Ospedale Fatebenefratelli di Benevento in seguito a dolori all’addome, febbre, diarrea e vomito. Trascorrono 8 ore dall’ingresso e “in mancanza di posti letto in pediatria e rassicurata della cura che poteva essere tranquillamente somministrata presso la propria abitazione”, i genitori decidono di riportare a casa la bambina, con una diagnosi di gastroenterite febbrile con disidratazione e una terapia a base di lactogerminababy più “incomprensibili bustine”.
Il giorno dopo la situazione peggiora, nuova corsa al pronto soccorso, questa volta all’altro ospedale cittadino, il Rummo dove la piccola paziente viene trattenuta in osservazione per circa 6 ore. La diagnosi di ricovero è: stato settico in paziente con gastroenterite acuta. Una Radiografia fa emergere una sospetta appendicite acuta che richiede un intervento urgente. Alle 2.30, cioè circa 14 ore dopo il ricovero, la bambina entra nel blocco operatorio per appendicettomia, toilette cavo addominale e ne esce alle 4.30.
Quello che accade prima, durante e dopo è tutto scritto nella denuncia che i genitori della bambina depositano nel 2019 alla Procura di Benevento. Varie pagine dattiloscritte con, diversi allegati, tra cui cartelle cliniche, perizia medico-legale e foto che mostrano una cicatrice che fa rabbrividire.
In quelle pagine non viene trascurato nessun dettaglio di una vicenda raccapricciante. Perché, poi, si scopre che la bambina anziché essere trattenuta in pediatria viene ricoverata nel reparto di chirurgia d’urgenza dove in quei giorni avvengono dei decessi, uno dei quali proprio nella sua camera. Trascorrono 10 giorni e si rende necessario un secondo intervento, di laparotomia esplorativa, toilette, drenaggi ascessi, in seguito al quale la piccola “viene trasferita in condizioni critiche nel reparto di rianimazione (non pediatrico) del Rummo”. Il giorno seguente “viene dimessa e trasferita all’ospedale Santobono di Napoli con diagnosi di insufficienza respiratoria acuta, appendicite acuta diffusa, ascessi peritoneale, sepsi severe, shock settico”.
E’ qui che si scopre che la bambina “aveva avuto una laparocele da intervento chirurgico” e che quindi sarà necessario un nuovo intervento.
In questi anni la piccola protagonista di questa vicenda non ha avuto vita facile. Lamenta continuamente problemi con lo stomaco, oltre a delle fastidiose aderenze intestinali. Circa 8 mesi fa un nuovo spavento ha richiesto ancora una visita al Santobono, dove comunque la paziente è seguita con controlli periodici. Per il momento non può praticare sport, il suo stato di salute deve essere continuamente monitorato e una particolare indagine ecografica 3D che doveva essere eseguita nei mesi scorsi per verificare che non ci fossero ulteriori danni, è stata rimandata a causa della pandemia.
“Quelle ferite andranno via, non adesso certo, ci vorrà un intervento di chirurgia plastica – dice il papà -. Intanto però chiedo solo un po’ di giustizia. Perché nessun individuo, meno che mai un bambino, dovrebbe provare il dolore che ha sofferto e ancora soffre nostra figlia”.
E si spera, naturalmente, che la giustizia non abbia tempi lunghi.