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l’Editoriale/Di cosa è fatto il Pd?

di Rosa Criscuolo.

Il centro di Roma, qualche notte fa, è stato tappezzato di manifesti sui quali compare al centro la foto di Enrico Letta con elmetto e giubbino antiproiettili, in alto l’invito a iscriversi al Pd e in basso le scritte, accanto al simbolo del Pd: “Campagna di arruolamento 2022” e “Spezzeremo le reni alla Russia”.
Mentre dal Campidoglio si sono affrettati a far rimuovere i manifesti fake, il partito ha immediatamente inviato una nota dalla segreteria romana per annunciare querela contro ignoti ma anche per precisare che “Gli autori di questo gesto ignobile e illegale, che colpisce tutta la comunità democratica, evidentemente non comprendono la gravità del momento che stiamo attraversando: non ci faremo intimidire e continueremo a portare avanti, a fianco del segretario Enrico Letta, la nostra azione a sostegno del popolo ucraino per la pace e la libertà in Ucraina”.
Ora, è chiaro che gli autori del gesto vanno perseguiti secondo quanto previsto dalla legge, ciò che è meno chiaro a tutti è come si stiano sentendo gli ultimi comunisti rimasti nel Pd in questi giorni. Perché poi i rapporti d’amore tra comunisti italiani e russi vanno molto al di là di quanto fu capace di mostrarci Giovanni Guareschi con la sua formidabile penna. 
Anche Montanelli, nella sua rubrica quotidiana “Controcorrente”, era solito ricordarlo ai suoi lettori. E il 17 dicembre del 1980 scrisse: “La rivista sovietica Tempi nuovi viene stampata ora anche in lingua italiana per consentire al Partito comunista russo di rivolgersi direttamente all’opinione pubblica del nostro Paese senza la mediazione del Partito comunista italiano di cui del resto sembra non sia stato chiesto neppure il parere. I dirigenti comunisti nostrani hanno incassato il colpo senza batter ciglio. Pare impossibile. Ma quando si tratta di Mosca, non gli salta mai al naso”.
Ma questo accadeva negli anni ’80. Oggi? Troppo banale tirare in ballo la solita incitazione del film di Nanni Moretti “Dì qualcosa di sinistra”. Il Pd di sinistra non ha mai avuto nulla. Piuttosto, considerato che non potrebbe avere nulla di destra e nemmeno di centro, bisognerebbe capire cos’ha. Dentro. Di cosa è fatto. Promemoria: chiederlo agli ultimi comunisti rimasti nel Pd.
Invece, a proposito di Guareschi, forse non molti sanno che “Il piccolo mondo di don Camillo” fu escluso dall’elenco dei possibili Oscar del 1953 come miglior film straniero perché, a detta di un tale Luigi G. Luraschi, italo-inglese, “responsabile del benestare alla proiezione di certi film negli Stati Uniti, e contatto della Cia nel dorato mondo hollywoodiano” la storia raccontata nel film poteva solleticare l’interesse dei simpatizzanti di sinistra, “lasciando intendere che, in fondo, si poteva trovare un modus vivendi, fra comunisti e cattolici, appianando i contrasti” sui quali da sempre gli Usa producono business miliardario, sia con la politica che con produzioni letterarie, cinematografiche e così via.
Concludo citando ancora Guareschi perché il Pd mi ricorda tanto una sua frase che faceva così: Ho dovuto fare di tutto per sopravvivere, tuttavia, tutto è accaduto perché mi sono dedicato ad un preciso programma che si può sintetizzare con uno slogan: “Non muoio neanche se mi ammazzano”.

Pd, vi avviso, questo è anche il mio slogan.

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