Campania: fuga dal pronto soccorso, un problema di sanità pubblica
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una vera fuga dei medici dagli ospedali pubblici ed in particolare dai pronto soccorso.
Questo è un fenomeno diffuso su gran parte del territorio nazionale ma che in alcune realtà come la Campania è particolarmente critico.
Da una ricognizione informale, solo nell’ultimo anno, circa 100 medici hanno abbandonato il lavoro nei pronto soccorsi preferendo impieghi di “seconda linea”.
Segnale paradigmatico di quanto le criticità che si stanno affrontando negli ultimi anni ed esacerbate dalla pandemia, appaiano gli ultimi atti prima di una resa del fronte definitiva.
Lo scarso appeal della medicina d’urgenza, una volta considerata e vista come la medicina umana, quella che ti fornisce scariche di adrenalina uniche, quella che ti fa sentire medico ogni minuto del tuo lavoro, si manifesta anche nelle nuove generazioni, basti pensare alle borse di specializzazione in medicina di emergenza che ogni anno vengono perse (solo quest’anno dei 1152 posti messi a bando solo 700 sono stati fin ora coperti ).
Siamo di fronte ad un fallimento trasversale del modello aziendalistico ospedaliero votato al budget, che nel nome o meglio sotto lo slogan di “ospedale sicuro” ha determinato la chiusura di diversi pronto soccorso nonché il depotenziamento di nosocomi sia cittadini che periferici, ottenendo come risultato l’esatto opposto di quel che si intende per ospedale sicuro.
Il resto viene fatto dal sovraccarico di lavoro, i pronto soccorsi infatti da luoghi di cura per le acuzie si sono trasformati con il tempo in luoghi di erogazione di cure croniche sopperendo impropriamente a quelle carenze organizzative di sanità territoriale,, delle quali a pagare le spese sono sempre pazienti e personale sanitario.
Le crescenti e costanti aggressioni che si registrano all’interno di queste aree di cura, e l’emergenza Covid hanno poi completato la tempesta perfetta per la fuga dei medici.
Nel frattempo la carenza di medici in pronto soccorso è diventata un problema di sanità pubblica per lo più ignorato dalle istituzioni, che continuano a guardare la punta del dito anzichè la luna.
E ancora una volta la carenza grava sul lavoro del personale sanitario.
Gli ordini di servizio inviati a tanti colleghi di discipline diverse da quelle dell’emergenza per coprire turni in PS sono la “toppa provvisoria” al problema, che ci appare in realtà peggiore del buco.
E’ ormai cronico il circolo vizioso che indebolisce quotidianamente il sistema di cure integrato fatto di visite ambulatoriali, consulenze, guardie di reparto, attività di sala operatoria, a causa infatti della forza lavoro sottratta per sopperire alle carenze di organico dei Pronto Soccorso.
Purtroppo i concorsi vanno deserti, gli incentivi economici non risolvono il problema e le condizioni di lavoro continuano a peggiorare.
Probabilmente è giunto il momento di immaginare un nuovo paradigma di cure ammettendo il sostanziale fallimento del modello aziendalistico tout court.
Appare urgente trovare soluzioni che rendano dignità a questo lavoro, al fine di arginare l’emorragia di medici e continuare ad assicurare ai cittadini cure di qualità.
Rendere gli ospedali luoghi di cura sicuri per medici e pazienti passa inevitabilmente attraverso una politica di investimenti non solo economici ma organizzativi che senza il coinvolgimento attivo delle parti sociali negli ambiti decisionali non potrà avvenire.
Dietro una crisi si nasconde sempre un’opportunità, no sprechiamola per l’ennesima volta, .
E’ urgente quindi convocare dei tavoli tecnici di confronto tra istituzioni e parti sociali per trovare soluzioni e medio termine ed evitare che sempre di più la soluzione di questo enorme problema di sanità pubblica sia risolto con misure improvvisate e temporanee.
Pierino Di Silverio, Responsabile nazionale giovani Anaao Assomed
Maurizio Cappiello, Direzione Nazionale Anaao Assomed