Così Schiavone jr. gestiva il monopolio dei latticini
Walter Schiavone era ai domiciliari ed in località protetta dopo il pentimento di suo fratello Nicola nel luglio del 2018. Da lì impartiva disposizioni ai suoi sodali per il business dei latticini, acquistati ‘sotto costo’ in penisola sorrentina e rivenduti poi a prezzo pieno in regime di monopolio. Un affaire da decine di migliaia di euro al mese. E’ questo il retroscena dell’inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo di Caserta che hanno arrestato il secondogenito del capoclan dei Casalesi Francesco Schiavone, detto Sandokan.
Schiavone era già stato arrestato nel febbraio 2017 sempre per attività illecite relative alla distribuzione di latticini: allora però si trattava della mozzarella di bufala dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe, che – secondo la Dda – il figlio del capoclan imponeva a distributori casertani e campani ma anche in altre parti d’Italia, come in Calabria. E dal 2017 che i carabinieri hanno continuato a monitorare le sue mosse anche quando è stato spedito in località protetta nel luglio del 2018.
Qui avrebbe ospitato summit con i suoi sodali più stretti, Antonio Bianco ed Armando Diana (pure loro arrestati), sia per impartire ordini sia per ricevere i proventi dei suoi affari, sempre in contanti. Incontri che sono stati monitorati e documentati dagli investigatori dell’Arma. Ma non solo. Schiavone utilizzava anche il telefono per dare disposizioni con le intercettazioni che sono finite nell’ordinanza di custodia cautelare.
Il business dei latticini si reggeva su un doppio binario: acquistare al minimo e rivendere al massimo. Da un lato i prodotti venivano comprati dai caseifici della penisola sorrentina con un prezzo di comodo, a volte addirittura senza nemmeno pagare. Poi, sfruttando il “buon nome” di famiglia, i latticini venivano imposti in vari caseifici della stessa penisola sorrentina e della provincia di Caserta attraverso società intestate a prestanome o attraverso la “Latticini e Formaggi” di Bianco, sequestrata all’esito delle indagini.
Circostanze confermate da alcuni collaboratori di giustizia e dai colloqui in carcere, tra altri familiari dello stesso Schiavone detenuti e quelli liberi, intercettati dalla polizia penitenziaria. Colloqui da cui sarebbe emerso anche che Schiavone junior avrebbe ritirato lo stipendio del padre dal clan (per questo la Dda contesta anche il reato associativo).