Storie di tormento dietro le sbarre: le raccapriccianti esperienze di un prigioniero nella ‘stanza zero’ che sperava solo di porre fine alla sua vita.
Il processo sulle presunte torture avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, coinvolgendo 105 imputati tra agenti della polizia penitenziaria, funzionari del Dap e 2 medici accusati di falso, è stato arricchito dalla testimonianza di Raffaele Engheben davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Roberto Donatiello.
Engheben, parte civile assistita dall’avvocato Marco Argirò e tra gli accusatori principali degli agenti, ha raccontato degli eventi accaduti dopo una protesta il giorno precedente, quando gli agenti entrarono nella sua cella il 6 aprile. Dopo essere stato portato in una sala della socialità, fu picchiato con pugni e manganelli. Al ritorno in cella, trovò disordine e gli agenti rientrarono, dichiarando che la commissaria Costanzo aveva ordinato di portarlo giù.
Engheben fu portato al piano terra, in una stanza di fronte all’ufficio matricola, dove subì ulteriori percosse, insulti e sputi. Gli agenti lo umiliarono con un bidone della spazzatura in testa. L’imputato affermò di essere stato successivamente trasferito al reparto Danubio, dove notò lividi sul volto di Hakimi Lamine, deceduto poco dopo.
Riferendo lesioni, tra cui denti rotti e due operazioni al cuore, Engheben ha dichiarato l’incompatibilità con il regime carcerario. Ha evidenziato che Hakimi fu lasciato solo fino alla sua morte. Il prossimo 12 febbraio si terrà il controesame delle difese.
Gli avvocati che difendono i detenuti aggrediti includono Carmine D’Onofrio, Mirella Baldascino, Luca Viggiano, Goffredo Grasso e altri. Difendono gli imputati, tra gli altri, gli avvocati Giuseppe Stellato, Mariano Omarto e Vittorio Giaquinto. Asl di Caserta e Ministero della Giustizia, citati come responsabili civili, sono rappresentati rispettivamente da Marco Alois e dall’avvocatura dello Stato.
