A Salerno, Realsud sotto inchiesta per evasione fiscale: sequestrati i beni
Nel Comando Provinciale di Salerno, la Guardia di Finanza ha messo in atto una disposizione di sequestro preventivo emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Salerno, a seguito di una richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica. Questo provvedimento riguarda un presunto coinvolgimento in pratiche di indebite compensazioni fiscali, comprendenti sia compensazioni dirette che equivalenti, per un ammontare totale di 959.000 euro, che include denaro contante e beni immobili.
Il sequestro ha origine da un’ispezione fiscale che mirava a verificare il rispetto delle normative fiscali relative all’IVA, alle imposte sui redditi e ad altri tributi. Questa ispezione è stata condotta presso “Realsud S.p.a.”, un’azienda operante nel settore della commercializzazione all’ingrosso di parti ed accessori per autoveicoli, con sede a Salerno.
Secondo l’accusa, che è stata confermata dal Giudice per le Indagini Preliminari, i due indagati, Roberto Rispoli e Clemente Rispoli, rispettivamente amministratore unico e presidente del Consiglio di Amministrazione di “Realsud S.p.a.”, avrebbero eseguito indebite compensazioni fiscali, utilizzando crediti che non erano dovuti o che semplicemente non esistevano. Tali crediti erano dichiarati come riconducibili alle attività di ricerca e sviluppo.
L’incentivo fiscale previsto per le attività di “ricerca e sviluppo” è concepito per promuovere l’innovazione e la competitività delle imprese attraverso la ricerca svolta internamente o coinvolgendo soggetti esterni.
Dalle indagini effettuate dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Salerno è emerso che i crediti utilizzati per le compensazioni non soddisfacevano i requisiti previsti nel cosiddetto “Manuale di Frascati”. Tali crediti non potevano essere considerati validi, poiché mancavano dei requisiti di novità, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità, essendo connessi a spese ordinarie relative al processo produttivo della società.
In aggiunta all’accusa di indebite compensazioni fiscali, gli stessi indagati sono stati accusati di truffa, in quanto avevano indotto in errore l’Agenzia delle Entrate attraverso dichiarazioni false che attestavano la qualifica di esportatori abituali, al fine di ottenere indebitamente l’esenzione dall’IVA per un importo superiore a 170.000 euro.